La piccola e solo apparentemente insignificante viuzza, che collega corso Garibaldi alla via SS. Annunziata, nasconde forse uno dei tanti importanti segreti che riguardano la nostra storia.
Tutto quello che sappiamo finora del Pozzo Traiano è che si trova a 5,40 m. al di sotto del piano stradale che si forma alla confluenza di via S. Dionisi con via SS. Annunziata e che, almeno fino al 1700 era il serbatoio idrico cui attingevano i cittadini di Brindisi, che lo indicavano come “lu puzzu ti la citati”.
Tale serbatoio è composto da due stanze a volta con pareti in “opus reticulatum”, separate da un diaframma e, secondo il Camassa “con archivolte, voltine e muri d’ambito”. In queste sboccano quattro cunicoli filtranti, solidamente arcuati, scavati nei sabbioni tufacei. Vi si accedeva per una scala fiancheggiante un pilastro della camera anteriore.
Gli storici De Giorgi, Tarantini e Camassa ritennero il pozzo opera del periodo imperiale. Anche nella “Memoria Historica” del Della Monaca si legge che “si chiamò Pozzo Traiano, o perchè Traiano ne fusse stato l’autore, per essere d’artificio singolare, ritenendo nel suo sotterraneo seno molti archi magnifici e volte spaziose d’altezza d’una statura d’uomo, per dove scorrono l’acque, o che l’Imperatore per mostrare un atto di magnificenza alla città, l’abbia dato con la sua presenza il nome”. Il Moricino, dopo aver ricordato che Traiano da Brindisi si imbarcò con l’esercito per l’impresa contro Armeni e Parti dice che probabilmente durante la sua attesa nella città, fece costruire il Pozzo “che fino al giorno d’oggi somministra copiosissime acque ai Brundusini”.
L’alimentazione, indipendente dall’acquedotto, è collegabile a sorgive individuate a sud-ovest della struttura. Le analisi eseguite nel 1898 e nel 1928 evidenziarono la loro non potabilità per l’inquinamento dovuto alla presenza di pozzi neri lungo i cunicoli filtranti. L’altezza media dell’acqua era di m. 3 – 3,50 e la profondità del pozzo di m. 8.
Gli esperti della Società It. Condotte d’Acqua sostennero trattarsi di opera medievale del XIII o XIV sec. ma, come scriveva 28 anni fa su Brindisi Nuova Guida lo storico G. Carito, “le verifiche saranno possibili quando il complesso ipogeo, secondo gli auspici, sarà reso visitabile.”
Ci permettiamo di aggiungere, con un pizzico d’ironia, che, vista la straordinaria sensibilità dimostrata in questi anni da Soprintendenza e istituzioni nei confronti di storia e cultura dei monumenti brindisini, sicuramente non dovremo attendere molto.
Bibliogr. N. Vacca, Brindisi ignorata; A. Del Sordo, Toponomastica brindisina; G. Carito, Brindisi Nuova Guida